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martedì 11 aprile 2017

Non spostiamo Città studi da Lambrate

Un pendolo di Newton. E' quel gioco in cui c'è una fila di palline appese a fili di acciaio. Si lancia la prima e l'urto si trasmette da una all'altra, fino a fine corsa. Poi il movimento riprende dalla parte opposta, secondo un fenomeno fisico chiamato dell'urto elastico. Un urto elastico è quello che potrebbe innescarsi in relazione allo spostamento dei quartieri universitari di città studi a Expo. Viene spostata l'Università per coprire il buco di Expo, un'area rimasta vuota, che i cittadini, con referendum, avrebbero voluto mantenesse un'identità legata al cibo e all'alimentazione.
Un'area che nessuno ha voluto, disertando l'asta che metteva al bando i terreni.
Un urto elastico che riguarda anche la progettualità urbanistica del Comune di Milano: sposto l'Università per risolvere un problema, lasciando aperto un enorme buco su quella che sarà l'alternativa di ricollocazione degli stabili che verranno rimasti vuoti. Sorprende questa mancanza di progettualità, e pure di strategia politica. Se chi governa avesse avuto un po' di capacità, avrebbe prima di tutto ridisegnato e fatto proposte per il quartiere.




E invece viene annunciato il trasferimento dicendo che i progetti arriveranno dopo. Soprende anche la mancanza di logica e di capacità di essere attinenti a un progetto elettorale e al proprio elettorato, che ha chiesto e dimostrato più volte una sensibilità ambientale, dove per ambiente non siintende solo la natura, ma qualcosa, per fortuna, di più ampio. Qualcosa che coinvolge anche l'economia e il benessere delle persone. Città studi è un quartiere storico e molto armonico. La gente e le persone che lavorano/studiano nell'Università sono perfettamente integrati.

Con lo spostamento a Expo si va invece favoleggiando della creazione di un campus. Ma il campus ideale, quello in cui gli studenti studiano, ma poi escono e fanno una vita normale, è quello che esiste già. Nel presunto campus di Expo, gli studenti invece saranno isolati, spinti verso uno stile di vita e una specializzazione che basterebbe aver studiato biologia alle medie per capire che non produce nulla di positivo. In natura la specializzazione è relativa solo alle funzioni, non molto di più. Una grande quercia può essere un colosso in mezzo alla foresta. Ma se non c'è anche il filo d'erba, il coleottero e soprattutto il batterio che nutre le sue radici, muore. Nella speculazione Città studi verso Expo, questo meccanismo sembra essere dimenticato, nella solita utopia di onnipotenza tipica di un certo modo ormai vecchio di pensare all'uomo, come fosse una macchina. Ma c'è di più: nella sede di Expo è prevista anche una stretta connessione tra attività produttive e Università. Come dire che la ricerca libera sarà finita, perché esisterà solo quella sponsorizzata e finalizzata alla realizzazione di prodotti. Il contrario dell'evoluzione naturale insomma, che prevede che le strade si possano prendere e continuare, senza andare da nessuna parte. Perché solo in questo modo porteranno dalla parte migliore, più efficace, più duratura. I cittadini di Città studi si stanno ribellando. Ma qui in gioco non c'è solo un quartiere. C'è in gioco la cultura del sapere, la cultura della programmazione urbanistica e soprattutto la cultura di un nuovo modo di vivere le nostre città, visto che quello dei precedenti 50 anni non ha fatto bene a nessuno, ne alle persone né alle economie. La battaglia di Città studi si deve allargare a tutta la città, perché è una battaglia che riguarda tutti.

Ecologisti del Ticino associazioni Verdi del Parco del Ticino e zona Ovest di Milano Città Metropolitana




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